Articolo di Isabella Dalla Vecchia
Uovo di cioccolato, goloso e colorato: non è una vera pasqua senza un uovo e la sua sorpresa. Ma da dove arriva questa tradizione? L’uovo è un simbolo antichissimo, che nasce quando l’uomo osservava la natura più di quanto lo faccia oggi. Esso è il simbolo della nascita per eccellenza, gli stessi dèi e il mondo sarebbero nati da un armonico ed infinito “uovo cosmico”. Per questo motivo venivano realizzati gli omphalos, sacre pietre lavorate come sfere perfette affinché la realtà del mondo (pietra) possa unirsi a quella del divino (sfera). Per il popolo celtico l’uovo assumeva il significato di incubatore della vita, dove l’anima si infiltra nell’oscurità dell’embrione prima di vedere la luce, in alchimia si parlava invece di ”uovo dei filosofi” simbolo della trasformazione, spesso in associazione al serpente ad indicare ulteriormente la mutazione di ciò che è vecchio in ciò che è nuovo. Non solo nascita, ma anche “ri-nascita”: l’uovo nel Cristianesimo simboleggia la Resurrezione (rinascita) di Gesù. Ma allora perché lo ritroviamo adesso e non a Natale ad esempio? Perché l’uovo rappresenta con il suo guscio il sepolcro di pietra che si scoperchia e libera la vita dal suo interno. Per propiziare la fertilità nel Medioevo si regalavano simbolicamente uova in legno, dipinte per i più poveri e decorate con oro e argento per i più ricchi. Ma fu l’orafo Peter Carl Fabergè che inventò la presenza di un dono all’interno dell’uovo e per puro caso, ne creò uno di platino smaltato che conteneva un altro uovo in oro, che a sua volta conteneva un pulcino e una corona d’oro. Ovviamente l’idea che l’uovo potesse contenere una sorpresa ebbe un grandissimo successo e venne col tempo riproposto, cercando di ricrearne uno con meno pretese e facilmente realizzabile, scegliendo così il cioccolato, ma cercando di mantenere l’idea della decorazione con carte in oro o in altri colori scintillanti.
La colomba nel Cristianesimo è il simbolo dello Spirito Santo, rappresenta purezza, mitezza e perfezione, in quanto è una creatura alata simile agli angeli. Capita sovente di rappresentare Gesù bambino con in mano un uccellino, a significare la capacità di parlare la lingua degli uccelli intese come creature celesti. E’ il patto con il divino, l’inizio del nuovo mondo: nella Bibbia una colomba avrebbe portato a Noè il ramo di ulivo, segnando l’arrivo in una nuova terra, curioso il fatto che l’omonimo Cristoforo Colombo, avrebbe a sua volta trovato una nuova terra, dopo una lunga navigazione in mare aperto. Nel Cristianesimo la colomba scende sul capo di Gesù durante il suo battesimo a significare la scintilla divina che scende sulla terra. La colomba come essere spirituale non è solo prerogativa cristiana, spesso l’uccello era l’anima umana e rappresentarlo in gabbia era come raffigurare l’anima rinchiusa dentro la prigione del corpo. Negli affreschi egizi dalla mummia del Faraone usciva il “ka” l’anima uccello che vola verso il cielo.
La colomba che si mangia a Pasqua per fortuna è solo un dolce, e tutti lo fanno parlando di “simbolo”. Ma allora perché si parla di simbolo anche per l’agnello, mentre in questo caso viene mangiato realmente? Cosa lo differenzia dal valore simbolico della colomba? Nulla. Anzi, a leggere approfonditamente la Bibbia, emergerebbe quasi un controsenso, perché essa parlerebbe proprio di “vendetta dell’agnello sacrificato”.
Quasi tutte le chiese antiche riportano la figura dell’Agnus Dei, un agnello con croce e bandiera della vittoria. Ma perché un agnello, così bistrattato dovrebbe “vincere”? Perchè Gesù/agnello risorge, ma non solo: egli arriverà infatti a trionfare nell’Apocalisse. E’ l’ultimo libro della Bibbia e significa “rivelazione”, ovvero annuncio della Verità. Viene descritta la fine del mondo, quando Gesù Cristo tornerebbe a vendicarsi. Come? In forma di Agnello. Un’esclusiva vendetta sugli uomini, in quanto natura e animali vengono risparmiati: “Dal fumo uscirono sulla terra delle cavallette a cui fu dato un potere simile a quello degli scorpioni della terra. E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra, né la verdura, né gli alberi, ma solo gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte”. Nell’Apocalisse ci sono draghi e angeli vendicatori e su tutti c’è l’Agnello, il nuovo Re del Regno di pace e serenità. Proprio l’agnello, il simbolo della macellazione senza scrupoli perché il suo pianto assomiglia a quello di un bambino. “Nascondeteci dall’ira dell’Agnello” dicono le Scritture. Una vendetta devastante che distrugge l’Umanità, risparmiando solo 144.000 prescelti dal segno dell’Agnello. Coloro che lo avrebbero difeso, sempre.
“Poi guardai e vidi l’Agnello che stava in piedi sul monte Sion e con lui erano 144.000 persone che avevano il Suo nome e il nome di Suo Padre scritto sulla fronte. Essi son quelli che seguono l’Agnello dovunque vada. Nella bocca loro non è stata trovata menzogna: sono irreprensibili.”
Ma che cos’è “la menzogna nella bocca”? E’ il cibarsi di agnello e far finta di non sapere cosa avviene dietro quel gesto, ignorare la loro sofferenza, il pianto che tutti conoscono ma che chi è menzognero chiude occhi e orecchie e apre solo la bocca. Una bugia espressa non a parole ma con un gesto, con la scusa della tradizione in quanto Gesù mai avrebbe detto di nutrirsi di agnelli, ma metaforicamente di se stesso, dei suoi gesti. Anzi Gesù stesso dice di mangiare il pane al posto della carne e di bere vino al posto del sangue! Non a caso nell’Apocalisse torna a vendicarsi in forma di Agnello, un futuro evento non troppo lontano perché attorno abbiamo un mondo più consapevole che sta procedendo sempre di più verso una cultura vegetariana. Una cultura universale che sta cambiando in seguito alla “rivelazione” di ciò che avviene dietro i muri dei macelli. L’Apocalisse scritta migliaia di anni fa è forse stata davvero così profetica?