Comunicato stampa
7 ottobre 2022

LA FORMULA 1 SPONSORIZZA L’IDITAROD RACE, UNA CRUDELE GARA CON I CANI DA SLITTA. L’OIPA SCRIVE AL PRESIDENTE DOMENICALI

Sponsorizzare l’Iditarod Race significa promuovere la crudeltà e l’abuso sugli animali. Per questo negli ultimi anni numerose aziende, alla luce delle evidenze e per preservare la propria reputazione, hanno ritirato le sponsorizzazioni

La Formula 1 sponsorizza la crudele corsa Iditarod che si tiene ogni anno in Alaska, causa di dolore e morte per tanti cani da slitta. Per chiedere il ritiro di tale sostegno, l’Oipa International (Organizzazione internazionale protezione animali) ha inviato un’istanza al presidente Stefano Domenicali.

«Sponsorizzare l’Iditarod Race (*) significa promuovere la crudeltà e l’abuso sugli animali», spiega Valentina Bagnato, responsabile Relazioni internazionali dell’Oipa International. «Per questo negli ultimi anni numerose aziende, alla luce delle evidenze e per preservare la propria reputazione, hanno annullato le loro sponsorizzazioni, tagliando i ponti con questa feroce competizione. Tra queste, ExxonMobil, uno dei più grandi sostenitori, seguita da Alaska Airlines, Chrysler, Coca-Cola, Jack Daniel’s, Wells Fargo, Millennium Hotels and Resorts e decine di altre aziende».

Nell’istanza, il presidente dell’Oipa International, Massimo Pradella, ricorda come già nel novembre e nell’aprile scorsi Ia Peta aveva chiesto senza esito al presidente e amministratore delegato di Formula 1 Domenicali di prendere in considerazione e discutere con i vertici della società madre Liberty Media il ritiro definitivo della sponsorizzazione all’Iditarod. “Chiediamo, anche per preservare l’immagine della vostra azienda e per portare un messaggio di positività e rispetto verso tutti gli esseri viventi, di rivedere i vostri piani di sponsorizzazione, senza dimenticare che sempre più persone oggi sono molto sensibili e attente alle tematiche animaliste”, scrive Pradella nell’istanza.

Qualche dato: solo quest’anno, più di 250 cani sono usciti dalla gara perché stremati, esausti, feriti o malati. Cani che vengono allevati per competere portando il loro fisico oltre i limiti. Cani che vivono una vita confinata all’esterno in condizioni atmosferiche estreme, legati a catena per tutta la vita, senza neanche poter socializzare, e che soffrono ferite fisiche e mentali spesso indelebili. Sono 150 i cani morti nel corso degli anni durante la competizione, se si considerano solo i numeri ufficiali forniti, ma spesso i dati sono altri e ci si dimentica di tutti i cani che non ce l’hanno fatta fuori dalla gara, durante gli allenamenti o nei periodi di bassa stagione.

«Da indagini comprovate è emerso che l’Iditarod è la responsabile di gravi episodi di abuso e maltrattamento degli animali. Alcuni di loro sono stati persino abbattuti o picchiati a morte perché non abbastanza performanti», aggiunge Valentina Bagnato. «I cani impiegati nella competizione soffrono spesso di gravi danni polmonari, stiramenti muscolari, fratture da stress, sviluppano polmoniti e artriti e si ammalano di virus intestinali e ulcere gastriche. Tre studi indipendenti hanno dimostrato che l’81% dei cani che sopravvive all’Iditarod riporterà comunque danni polmonari, il 61% mostrerà una maggiore frequenza allo sviluppo di ulcere e gastriti erosive e molti altri avranno disfunzioni delle vie aeree simili all’asma da sci nell’essere umano, che persistono per mesi. Per non parlare della causa principale di morte di questi cani: la polmonite da aspirazione, ovvero i cani muoiono soffocati dal proprio vomito per lo sforzo e chi di loro sopravvivrà porterà comunque con sé danni fisici permanenti o duraturi».

Una curiosità: i conduttori (detti musher) dovrebbero tenere durante la corsa un diario di salute firmato da un veterinario a ogni check point, ma in diverse occasioni alcuni di loro sono stati accusati e condannati per trascuratezza e maltrattamento dalla Commissione dell’Iditarod. La stessa Commissione che però quest’anno ha multato alcuni dei conduttori che durante una fortissima bufera avevano deciso di portare i loro cani al riparo per non farli morire congelati.

Di recente, i volontari dell’Oipa insieme alla Peta UK si sono recati all’autodromo di Monza per protestare e per far conoscere alle persone giunte da tutta Europa a vedere il Gran Premio la realtà che si cela dietro l’Iditarod.

L’Oipa International attende un riscontro positivo dal presidente di Formula 1 poiché i fatti parlano ed è incomprensibile come ancora sponsorizzi questa gara sulla pelle degli animali.

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(*) Che cos’è l’Iditarod Race? È una corsa con i cani da slitta su lunga distanza che si tiene annualmente a inizio marzo in Alaska. La gara parte dalla città di Anchorage, percorre dapprima la catena montuosa dell’Alaska Range, per poi attraversare la regione dell’Interior, un lungo tratto sul fiume Yukon e da ultimo, superando il mare di Bering, raggiunge la città di Nome nell’ovest dell’Alaska. Alla gara partecipano team composti da 12-16 cani guidati da un solo conducente, definito in inglese musher. Questi devono percorrere una distanza di più di mille miglia (corrispondenti a circa 1600/1700 km) in una decina di giorni, o anche meno, sfidando le più estreme e avverse condizioni atmosferiche: bufere, tormente di neve, temperature molto al di sotto dello zero e venti glaciali. Ci sono soltanto tre pause obbligatorie imposte dalla federazione ai checkpoint, ma il numero e la durata delle altre pause sono unicamente a discrezione del conduttore, ciò significa che il primo che arriva a tagliare il traguardo con almeno cinque cani ancora nel team vince. L’Iditarod, nata originariamente come percorso postale utilizzato per fornire una scorta di emergenza di siero antidifterico alla città di Nome nel 1925, è diventata dal 1973 una competizione volta a testare le migliori squadre di cani da slitta e i loro conduttori. Oggi è una gara altamente competitiva.

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Di seguito le lettere inviate dalla Peta:

Aprile 2022

https://www.peta.org/wp-content/uploads/2022/04/peta-letter-to-formula-one.pdf

Novembre 2021

https://www.peta.org.uk/wp-content/uploads/2021/11/FAO-Stefano-Domenicali-re-Iditarod.pdf

 

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