L’OIPA ha patrocinato la conferenza organizzata da Dogtown a.s.d., la quale verteva sul randagismo nel Sud Italia ed è stata tenuta dall’Istruttore Cinofilo Michele Minunno.

Durante la conferenza il relatore ha espresso un interessante punto di vista, spesso diverso e quasi opposto all’usuale modalità di affrontare il randagismo. Spesso infatti ci si riferisce al randagismo come ad un problema da risolvere, ma di per sé esso è un fenomeno, che può diventare un problema in alcuni casi.

Michele Minunno ha compiuto numerose ricerche sul campo sui branchi di cani liberi e selvatici nel Sud Italia, ed ha evidenziato come questi animali, spesso non socializzati con l’uomo, conducano una vita equilibrata e costituiscano un patrimonio prezioso di fauna selvatica, il quale è seriamente minacciato dalla tendenza generale a catturare e spostare in canili e rifugi questi animali che invece vivono in perfetto equilibrio e autonomia sui loro territori.

Il relatore ha evidenziato le complesse dinamiche relazionali e familiari che intercorrono tra i vari membri dei branchi di cani selvatici, le modalità con le quali vengono istruiti e cresciuti i cuccioli, i sistemi gerarchici e le modalità con cui i capo branco guidano gli altri membri. Questi animali vivono per lo più in periferie urbane o extraurbane poco popolate e lontane dai grossi centri, generalmente questi cani si procacciano il cibo da soli, mantengono un numero equilibrato di componenti – quindi non si creano fenomeni di sovrappopolamento – e non cercano il contatto con l’uomo, pertanto non costituiscono un problema.

I cani randagi, abbandonati o selvatici vanno valutati singolarmente caso per caso, non sempre intervenire per catturare un cane e farlo adottare è la soluzione migliore. Molti cani randagi vivono nei loro branchi, le loro famiglie, e non hanno alcuna necessità di essere adottati. Alcuni cani sono abituati ed idonei a stare sul territorio, sono quindi in grado di gestirsi e non creano pericolo né per se stessi né per gli altri e non preferirebbero stare con le persone. Spesso si tende ad umanizzare i cani, a pensare che essi abbiano bisogno di coccole, affetto e di una vita comoda assieme a noi, ma se questo può essere vero per alcuni animali non lo è per tutti. Molto più spesso il bisogno di coccolare l’animale è più nostro che del cane.

Quando si incontrano cani randagi o liberi, prima di decidere di catturarli e “intervenire” sarebbe meglio valutare, supportati da esperti quali veterinari, comportamentalisti e istruttori, se quel cane necessita davvero del nostro intervento o se possiamo aiutarlo senza sottrarlo al suo ambiente, al suo branco e alla sua vita.

“Prima di tutto – ha spiegato Minunno – sono gruppi familiari. Non c’è tantissima differenza tra i gruppi di cani vaganti e le nostre famiglie. Ci sono genitori, zie, cuccioli, adolescenti e le dinamiche sono tipicamente familiari. Ognuno ha il suo ruolo, da quello di guida di mamma e papà, ovvero i capi-famiglia, maschi o femmine, alle tate che si occupano degli irruenti adolescenti e della loro educazione”.

Certamente, come in tutte le famiglie, anche tra i cani randagi ci sono situazioni più o meno equilibrate, legate al fatto che questi soggetti hanno caratteristiche di maturità diverse rispetto ai cani di casa: devono procurarsi il cibo, spostarsi, trovare rifugi e soprattutto restare molto uniti. Per loro i legami familiari sono molto importanti e il rispetto verso il capo-famiglia sta alla base. “Quella che solitamente chiamiamo dominanza è un tratto che non ha bisogno di essere continuamente rimarcato, anche se qualche volta succede”.

Dietro alle realtà dei canili o dei rifugi ci sono spesso interessi economici notevoli, che talvolta superano l’interesse per gli animali accolti.

È importante distinguere i cani liberi a cui si riferisce Minunno, dai randagi o dai cani abbandonati, i quali hanno necessità e caratteristiche differenti.

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MICHELE MINUNNO – I randagi non sono per forza un pericolo. Michele Minunno è un educatore cinofilo esperto di comunicazione canina, collabora con il dipartimento di fisiologia all’Università di Bari per valutare cani problematici in relazione al randagismo, ovvero animali abbandonati o smarriti e vaganti. Insieme ai suoi cani (ex randagi) esplora i gruppi di animali “selvatici” per capirne meglio il comportamento, le relazioni, la pericolosità.