IL CANE DI QUARTIERE: CONOSCERLO E GESTIRLO
Claudia Taccani, Responsabile Sportello Legale OIPA
Il fenomeno del randagismo è un problema che affligge l’Italia, soprattutto nelle regioni del Sud del nostro paese ma i cani liberi, in realtà, se gestiti da persone competenti, non rappresentano, automaticamente, un problema. Per legge, un cane randagio “dovrebbe” essere custodito presso una struttura canile comunale, sterilizzato e adottabile, gratuitamente, da soggetti interessati. Purtroppo, esperienza insegna che, spesso, un cane ospitato in una struttura può passare il resto della sua vita all’interno del box.
A questo punto, oltre che incentivare il numero delle adozioni, esiste e deve essere ben coltivata, la figura del “cane di quartiere”, riconosciuta dalla legge con tanto di normative regionali e/o regolamenti oppure ordinanze comunali. Ad esempio, la Legge della Regione Campania sulla “Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo” riconosce e regolamenta la figura del cane di quartiere: laddove si accerti la mancanza di pericolosità per la sicurezza dell’uomo, di altri animali o cose, “si riconosce al cane il diritto di essere animale libero. Tale animale si definisce cane di quartiere”. Nel momento in cui il cane già libero su un determinato territorio viene riconosciuto non pericoloso dal Servizio Veterinario Pubblico, mediante visita e sopralluogo di un relativo veterinario esperto, lo stesso viene sterilizzato e microchippato a spese del Comune, risultando iscritto nell’anagrafe canina regionale a nome dell’ente stesso con tanto di copertura assicurativa per responsabilità civile.
Il quattro zampe dovrà portare un segno di riconoscimento come un collare con targhetta o altro metodo disposto dal comune di competenza e sarà monitorato da un’associazione protezionistica la quale si assume l’onere di gestione e responsabilità dell’animale. Secondo il dettato normativo i volontari attivi su un determinato territorio possono segnalare al sindaco la presenza di cani che, di fatto, appartengono al quartiere perché riconosciuti e curati dalla cittadinanza.
Il consiglio pratico, quindi, per tutti i volontari che vivono in località con condizioni favorevoli per il riconoscimento del cane di quartiere è quello di proporre al sindaco di adottare una disposizione di questo tipo e poter provvedere, liberamente, ma in piena tutela, ai cani liberi che di fatto appartengono alla cittadinanza, con un effetto positivo anche per le spese comunali, alleggerite dal venir meno del costo giornaliero dovuto per ogni cane custodito in una struttura.
È bene segnalare che in Sicilia, a Ragusa e dintorni, grazie al progetto “Macchia” ideato dall’associazione Pensieri Bestiali, nato per sensibilizzare le persone alla tematica della reimmissione dei cane sul territorio, sempre più Comuni hanno emesso Ordinanze sindacali per il riconoscimento, gestione e tutela dei cani liberi. Per citare qualche esempio tra i tanti, il comune di Vittoria, nella provincia di Ragusa, con Ordinanza sindacale del 24.08.2017, ha disposto la “reimmissione in libertà di cani randagi”, vista la documentazione prodotta dall’associazione Pensieri Bestiali, che gestisce il canile di contrada Carosone, con la quale viene richiesto di provvedere alla reimmisione di alcuni cani ivi custoditi – dettagliatamente indicati- “di indole docile”. Ancora, in Sicilia, spostandoci in provincia di Messina, il comune di Naso, già nel 2015 aveva emesso Ordinanza sindacale per “Misure urgenti per fronteggiare il fenomeno del randagismo” tra cui, appunto, la reimmissione sul territorio di cani sterilizzarti non aggressivi.
Andando nel Lazio, il Comune di Rocca Massima, provincia di Latina, ha disposto con tanto di Regolamento “l’istituzione del cane di quartiere”, ossia la possibilità di riconoscere la presenza di cani liberi e quindi appartenenti “a tutti”, nel rispetto del relativo benessere e della sicurezza pubblica.
REIMMISSIONI SUL TERRITORIO: I PERCHÉ DI UNA SCELTA
di Michele D’Agati, educatore e istruttore cinofilo
Da oltre un anno e mezzo l’Associazione Pensieri Bestiali, che ha attualmente in gestione il canile municipale di Vittoria e il rifugio sanitario di Ragusa, ha posto tra i suoi obiettivi primari quello di portare avanti un serio e strutturato programma di reimmissioni.
Ad oggi, sul territorio di Vittoria sono stati reimmessi circa 50 cani a partire da settembre 2016, mentre su quello di Ragusa circa 30 da febbraio 2017. La Pensieri Bestiali ha elaborato due progetti originali, “Adozioni a cielo aperto” e “Il mio cane libero”. L’obiettivo che lega i due progetti è quello di dare ai cani destinati a vivere la loro intera vita in canile, la possibilità di ritornare in libertà.
La reimmissione in libertà è una scelta non solo corretta dal punto di vista etico ed etologico, ma anche necessaria.
I canili infatti soffrono di un cronico sovraffollamento che spesso ne impedisce il normale funzionamento. D’altra parte i canili sono pieni di cani che, in mancanza di richieste di adozione, potrebbero vivere serenamente sul territorio urbano, perché ben socializzati con le persone e non pericolosi.
Ci sono poi cani che non hanno alcuna possibilità di essere adottati a causa della loro indole diffidente e che vivrebbero un disagio fortissimo in una situazione domestica, cani cresciuti nella maggior parte dei casi in zone sub-urbane o rurali, integrati nell’ambiente, ma senza aver sviluppato una stretta socialità con l’essere umano. Anche nel loro caso, non si tratta di cani aggressivi, ma solo di cani che non hanno strutturato un legame con l’eterospecifico. Per loro il canile rischia di diventare una condanna a vita, mentre la scelta di reimmetterli in territori extraurbani rappresenta la soluzione etologica più corretta nel rispetto della loro libertà e dignità.
Reimmettere è quindi una scelta che favorisce il benessere dei cani e che allo stesso tempo permette alle strutture di ricovero di funzionare come previsto dalla normativa, cioè come luogo di transito e non di detenzione a lungo termine.
Bisogna inoltre sottolineare che reimmettere sul territorio non significa aumentare il numero dei cani vaganti: questi cani erano già presenti sul territorio e vi fanno ritorno, ma dopo essere stati sterilizzati, quindi senza la possibilità di riprodursi.
Deve poi essere chiaro che reimmettere non vuol dire affatto abbandonare: i due progetti prevedono infatti la figura di volontari che monitorino i cani liberi, per garantire il loro benessere e minimizzare i rischi.
A tal fine la Pensieri Bestiali si è fatta promotrice di un coordinamento dei volontari che già da tempo accudiscono i cani liberi, allo scopo di renderne più efficiente e coerente l’operato. Animalisti e opinione pubblica. D’altra parte anche l’universo animalista è piuttosto diviso sulla pratica delle reimmissioni.
Ciò che per alcuni è una scelta di libertà e rispetto, per altri configura una forma di abbandono legalizzato.
Agli occhi della cittadinanza, del resto, la presenza di cani liberi sul territorio rappresenta spesso un motivo di preoccupazione, da una parte per la propria sicurezza e incolumità, dall’altra per la sicurezza e il benessere dei cani stessi. Alla maggior parte delle persone non è nota la distinzione tra cani vaganti e cani reimmessi, e in effetti non è stata fornita alcuna informazione riguardo alle reimmissioni da parte delle amministrazioni. Da questa consapevolezza, parte il progetto “MACCHIA”, una campagna di sensibilizzazione che si è concretizzata con la realizzazione di un cortometraggio in formato di cartone animato che parla di “Macchia”, nome di fantasia per indicare uno dei tanti cani che dal canile viene reimmesso sul territorio e si ritrova a vivere di nuovo da cane libero accudito e ben voluto.
Occorre lanciare il messaggio che noi umani e cani siamo tutti cittadini di una comunità, e che se un cane viene sterilizzato e reimmesso sul territorio di origine, previa valutazione da parte di professionisti circa l’integrazione del cane stesso nel quartiere di appartenenza, questi può tranquillamente convivere con la collettività.
Occorre un grande cambiamento culturale perché è evidente che la popolazione non è ancora pronta ad accettare questa presa di coscienza. Noi della Pensieri Bestiali abbiamo voluto contribuire a tutto ciò.
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Cosa bisogna sapere sui cani reimmessi
1)Un cane reimmesso è normalmente riconoscibile dal collarino arancione catarifrangente. È sempre un cane microchippato, cioè identificato e iscritto all’anagrafe canina come cane del Comune, e sterilizzato, quindi non potrà riprodursi. Prima della sua reimmissione è stato accertato il suo stato di buona salute da un veterinario.
2)I cani reimmessi sono cani non pericolosi e che vivono in equilibrio con persone e altri cani sul territorio. Generalmente i cani reimmessi sono monitorati e accuditi da uno o più volontari, che si occupano del foraggiamento e del controllo del loro stato di salute.
3)Tale scelta viene espressamente motivata dalla necessità di contenere il sovraffollamento dei canili ove vi siano i presupposti per la reimmissione sul territorio, e cioè che si tratti di cani docili e in buone condizioni di salute. La decisione di reimmettere è presa dal sindaco d’intesa con l’azienda sanitaria locale sentite le associazioni protezioniste e animaliste.
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