ORSO, IL GIGANTE BUONO

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Foto dell’orso del mese di agosto Massimiliano Sticca
Articolo Isabella Dalla Vecchia

Lupi, orsi, aquile: forti, combattivi, divini, esseri viventi che i nostri antenati cercavano di non «disturbare». Forse se oggi riscoprissimo le simbologie e la magia di alcuni animali saremmo più rispettosi ponendoci al loro pari. Con umiltà avremmo molto da imparare dai loro gesti naturali.

L’animale dal sonno molto pesante

All’orso è sempre stato associato il letargo, fin da piccoli ci viene spiegato questo anomalo comportamento che ce lo ha sempre reso simpatico: un goffo morbido bestione che dorme per sei mesi. Attribuiamo il termine orso alle persone pigre e non a caso, il migliore amico dei bambini proprio per dormire è sempre stato l’orsetto Teddy. Questo suo ritirarsi in letargo senza mangiare e bere per svegliarsi dopo diversi mesi lo ha sempre associato al simbolo della morte e resurrezione. Perché l’orso sembra andare a morire, ma in realtà rinasce a primavera. Risorge. È in grado di far scendere la temperatura del corpo di pochi gradi così da poter, durante il leggero sonno, arrivare anche a partorire e allattare i piccoli. Secondo le tradizioni antiche i cuccioli nascevano senza forma, lo stesso Plinio il Vecchio li descrive «grandi come topi, senza occhi, né peli: le madri leccandoli li plasmano a poco a poco». Un’azione naturale che veniva associata al caos primordiale e alla materia nel momento precedente alla sua trasformazione. Mamma orsa leccandoli, modella una forma riportando in tal modo l’ordine nel mondo.

Custode di tesori nascosti

Come classico abitante di grotte, spesso si pensava fosse, per questo, anche custode di tesori. La sua tipica postura su due zampe, ha ispirato nell’immaginario popolare la credenza che danzasse, al punto da organizzare di fronte alle tane, veri e propri concerti, per suonare per lui e accattivarsi la sua amicizia. L’orso che balla non è l’aberrante immagine di un circo, che a suon di musica fa danzare anche cani, cavalli, scimmie. «Farlo ballare» era l’unico modo per richiamarlo e avvicinarlo e magari, sposarlo! Nelle Americhe è diffusa perfino la tradizione che l’unione tra un grizzly e una donna allevata e vissuta tra gli orsi, avrebbe generato la razza dell’uomo rosso. Un accoppiamento del genere può far rabbrividire, ma è da leggerlo in chiave simbolica, in quanto in ogni cultura spesso dèi e animali si sposavano, generando il genere umano. Così come nel Medioevo si sposavano gli eredi di due casate diverse come trattato di pace o le sacerdotesse nel mondo antico si univano metaforicamente con gli dèi, anche gli uomini, a dimostrazione di profonda amicizia con la Natura, prendevano simbolicamente per coniuge un animale.

Ursus Arctos: re Artù e orsi

L’orso è stato sempre associato alla figura di Re Artù, basti solo pensare alla somiglianza del suo nome «Ursus Arctos» con quello del re britannico, motivo per cui si credeva fosse un animale detentore della saggezza e della conoscenza universale. Paride e Atalanta nella mitologia greca furono allevati da orsi, animali talmente rispettati che gli astronomi greci gli attribuirono ben due costellazioni: l’Orsa Minore e l’Orsa Maggiore. Quest’ultima non a caso è la costellazione più famosa, perché di riferimento durante l’estate e quella a cui la religione hindu attribuiva l’intera energia del cosmo.

Orsi e santi

In Trentino, come in altre regioni d’Italia, vengono ricordate ancora oggi le vicende di molti santi che, anziché cacciare gli orsi, avrebbero intrapreso con loro una solida e duratura amicizia, al pari di quello che avrebbe fatto San Francesco con un lupo feroce. Famosa è la vicenda di Sant’Olcese, paesino in provincia di Genova, il cui nome ha origine da un vescovo francese che avrebbe ammansito un orso che terrorizzava la gente del posto. Siamo nel 1400 e già da qualche tempo, nell’area montana ligure dove Olcese aveva deciso di ritirarsi, si parlava di un orso che si era pericolosamente avvicinato alle abitazioni. Accadde un giorno che uscì improvvisamente dal bosco e si avventò sul santo nel momento in cui stava per salire sul proprio carro. L’uomo riuscì ad evitarlo e anziché fuggire o cercare di colpirlo con un oggetto contundente, lo guardò dritto negli occhi, e con movimenti rapidi e decisi disegnò una croce nell’aria davanti a sé, intimando all’animale di fermarsi. Accorse molta gente allarmata attaccando l’orso con lo scopo di ucciderlo, ma Olcese li fermò dimostrando con una carezza sul morbido pelo, che non era per nulla aggressivo o pericoloso. Gli abitanti non credettero ai propri occhi e pur con timore si avvicinarono all’animale. La scena colpì il borgo a tal punto che si volle ricordare il miracolo con un affresco sulla facciata della chiesa parrocchiale, visibile ancora oggi a ricordo della profonda amicizia che può esistere tra l’uomo e qualsiasi altro animale.