CAVALLO, ETERNO COMPAGNO DELL’UOMO
Foto del cavallo di febbraio Claudia Taccani
Articolo Isabella Dalla Vecchia
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Il destino del cavallo non è mai stato molto felice, da sempre impiegato come strumento da battaglia in Oriente, mentre in Occidente, presso i greci e i romani, veniva introdotto anche nelle coltivazioni e nelle gare di corsa. Non si sa quando fu addomesticato, appare per la prima volta in alcuni scritti egiziani nel XVI secolo a.C. e il primo popolo che li accolse nella comunità fu quello degli Sciti che addomesticarono i quadrupedi tarpan (razza delle steppe asiatiche). L’Ipparchikòs (il comandante di cavalleria) e il Perì ippikés (l’arte della cavalleria) scritti da Senofonte (430-354 a.C.), sono solo due esempi dei numerosi testi che parlano del cavallo. In essi viene descritto il loro addestramento legato al triste destino di andare in guerra.
Emerge però un dato interessante. Senofonte dedica una parte del secondo trattato alla psicologia del cavallo paragonandola a quella dell’uomo, spiegando che istigarlo con gesti e parole era sbagliato tanto quanto lo era nei confronti dell’uomo. Quando poi parla di cavalcatura non la intende per sopraffazione scrive infatti: “È opportuno cavalcarli cercando di arrecare il minimo disturbo (…) e poi muoverli dando loro i comandi nel modo più dolce possibile”.
Il migliore amico dell’uomo
Il cavallo era dunque, suo malgrado, impiegato nella guerra, ma almeno nella maggior parte dei casi diveniva un inseparabile compagno. Nei poemi ad esempio è spesso evidenziato il rapporto affettuoso tra eroe e cavallo che spesso dialogavano come inseparabili amici. In forza di questi sentimenti sono rimasti celebri cavalli come Bucefalo di Alessandro Magno immortalato in molti dipinti e mosaici. Era tradizione che fosse il cavallo a scegliere il proprio compagno e non il contrario, come viene mostrato nel film Avatar in cui il protagonista sale in groppa alla propria creatura volante solo perchè è lei a volerlo. Racconta il mito che nessuno salì in groppa a Bucefalo fino all’arrivo del giovanissimo Alessandro Magno, dal cui incontro non si separarono più. Lo storico Arriano nell’Anabasi di Alessandro narra che quando Bucefalo fu rapito, Alessandro si arrabbiò a tal punto da lanciare un proclama in cui annunciava lo sterminio del popolo presso cui era stato portato, fatto che gli fece riavere subito il suo cavallo. E quando Bucefalo morì di vecchiaia, Alessandro lacerato dal dolore, chiamò la città dove si trovava Bucefala in suo eterno ricordo. Lo stesso accadde nella vita di Cesare il cui cavallo secondo le narrazioni di Plinio il Vecchio non si faceva governare da nessuno. Alcuni miti raccontano che fosse tanto intelligente da essere in realtà un uomo travestito, in quanto sembrava che al posto delle zampe anteriori, avesse piedi umani. Anche Augusto ebbe un cavallo che amò moltissimo al punto da erigere una tomba in sua memoria. L’imperatore Caligola invece regalò al suo destriero una scuderia di marmo e una mangiatoia tempestata di pietre preziose. Si dice che volesse anche nominarlo console (De Vita Caesarum di Svetonio) per la sua intelligenza. Non è caso raro che i cavalli fossero considerati animali dallo straordinario intelletto, ne parla anche Plinio il Vecchio ricordando quando “inenarrabili sono gli esempi della loro intelligenza”. Si rimaneva affascinati dall’attaccamento ai padroni, come nel caso del dolore provato dai cavalli di Achille alla morte di Patroclo. Plinio racconta di re Antioco ucciso da Centareto e preso il cavallo come trofeo di guerra, gli salì in groppa e il cavallo lo condusse in una corsa sfrenata verso un burrone, sacrificando la propria vita per vendicare il compagno.
Compagno di uomini e dèi
In Persia era animale sacro di Ahura-Mazda e Mitra e in India veniva associato a Adytia (Sole). Erodoto parla dei Nisei cavalli sacri riccamente bardati che precedevano il carro di Zeus tirato a sua volta da otto cavalli bianchi. Il cocchiere non osava salire ma camminava a piedi dietro di loro in quanto nessuno era degno di stargli dinnanzi o farsi trasportare. Uno di questi cavalli morì in un incidente travolto dal fiume Gyndes che fu maledetto dal re Ciro.
L’animale delle profezie
Il cavallo ha un posto importante nei culti religiosi antichi come detentore di qualità profetiche. Alla morte del re persiano Cambise ad esempio, non essendoci un successore diretto, si decise di far scegliere al cavallo (che avrebbe scelto più saggiamente di un uomo). Anche per i greci i cavalli avevano virtù profetiche come Xanto il cavallo di Achille che gli predisse la morte (nonostante fosse invincibile) mentre per i cristiani i cavalli dell’Apocalisse annunciano la fine dei tempi. Per tale motivo venivano chiesti presagi ai cavalli anche in sogno. Si parla di significato del cavallo in sogno fin dalla Grecia come dimostrato dallo scrittore greco Artemidoro che nel II secolo d.C. scrisse il trattato “Sui sogni” in cui il cavallo ha un significato diverso a seconda di come viene sognato. Se nel sogno si conduce un carro nel deserto o si esce da una città, la morte è imminente mentre se si rientra si scampa da un pericolo e si ottiene vita lunga.
Il cavallo dunque è rimasto celebre nella storia al pari delle gesta di antichi semidei, nonostante abbia dovuto affrontare battaglie e prove che certamente mai avrebbe intrapreso. Come sempre è l’uomo a decidere la sorte dei nostri amici animali e il cavallo, nella sua nobiltà e purezza ha sempre dimostrato di essere alla pari se non superiore allo stesso eroe.