di Isabella Dalla Vecchia

Uno dei momenti di maggior tensione dei film sui terremoti è dato dall’improvviso nervosismo degli animali che disturba una calma apparente, avvertendo che qualcosa di terribile sta per accadere. A noi spettatori sembra normale, eppure non è così scontato. Anzi, quello di prevedere i cataclismi è solo uno degli incredibili “poteri” degli animali, in grado di avvertire anche eventi più intimi, quali malattie o morti improvvise.
Dato che non è mai esistito uno strumento in grado di prevedere i terremoti, Leon Otis e William Kautz, accorgendosi dello strano comportamento degli animali prima di una scossa sismica, avrebbero deciso di inventare un metodo alternativo. Nel 1975 hanno riunito migliaia di volontari della California con in casa almeno un gatto e chiesto loro di vigilarli, annotando con cura ogni comportamento. La valutazione toccava una scala da 1 a 4. Se l’animale agiva secondo il parametro 2 o più occorreva immediatamente avvisare il centro. Le rilevazioni erano corrette, i gatti avvertivano anche la minima scossa. Ma come facevano?
Gli animali sono sicuramente molto sensibili al mutamento geologico terrestre e, prima del terremoto, avvertono gli ioni positivamente saturi liberati dallo sfregamento delle faglie, che rendono l’aria vibrante a causa della forte carica elettrostatica. Anche gli esseri umani manifestano reazioni alle modificazioni terrestri, anche se leggere e impercettibili, come mal di testa o lieve irritabilità, gli animali invece reagiscono con alterazione dell’umore e del comportamento, a causa dell’aria elettrica che disturba la chimica del cervello e del sistema nervoso.

Ma vedremo che questa è solo la punta dell’iceberg di un campo della percezione animale sorprendente e inspiegabile.
Durante la seconda guerra mondiale torri di controllo, radar e osservatori sondavano il cielo per captare ogni minima anomalia. Presto in molti capirono che il più sensibile e attendibile sistema di allarme stava acciambellato sul tappeto: fu compreso che cani e gatti possedevano misteriose “doti profetiche” per prevedere future distruzioni. Gli animali davano forti segni di insofferenza e agitazione ancora prima del suono delle sirene. A volte si incamminavano spontaneamente verso il rifugio più vicino, ma mai senza il proprio compagno umano. In Inghilterra viene ancora ricordata Sally, una micia bianca e nera che aveva una tecnica tutta personale: quando percepiva un attacco aereo, Sally saltava verso la maschera antigas sempre appesa in anticamera e poi graffiava la porta del rifugio antiaereo. Solo quando la padrona e la vicina di casa si erano rifugiate al suo interno, si accoccolava in un angolo e si addormentava. Questo è solo un episodio degli innumerevoli in cui gli animali hanno salvato la vita umana, così da portare all’istituzione della Dickin Medal, una medaglia militare britannica dedicata alle imprese a quattro zampe in tempo di guerra. Durante la seconda guerra mondiale la Dickin è stata “consegnata” a 54 animali: 32 piccioni, 18 cani, 3 cavalli e un gatto.

Ma come fanno gli animali a sentire un imminente attacco nemico a centinaia di chilometri di distanza? Fiuto, udito, vista, seppur straordinari non possono giungere a tanto, solo il “sesto senso”, ovvero la precognizione e la telepatia, sarebbero in grado di spiegare una tale precisione.
A compiere uno studio sui poteri straordinari degli animali è stato negli ultimi anni Rupert Sheldrake, biologo e saggista britannico che ha raccolto un’ampia lista di testimonianze di ogni genere, dall’incredibile ritorno a casa di cani e gatti, alla premonizione di morti improvvise dei loro padroni anche a centinaia di chilometri di distanza.
E’ possibile intuirne il potere anche osservando un semplice episodio “di routine” che chi ha un gatto conosce fin troppo bene: la visita dal veterinario. A chi non è mai capitato di cercare disperatamente il proprio gatto che sembra scomparso, prima di andare dal veterinario, anche senza mostrare la gabbietta? A me succede sempre, ho tre gatti e più di una volta ho dovuto disdire l’appuntamento. Non solo il veterinario non è sorpreso del fatto, ma alcune cliniche non prendono appuntamenti, perché sanno che se non c’è un orario da rispettare è più facile portare i propri gatti. Ho curato per anni 60 gatti di una colonia e quando dovevo prenderne uno da sterilizzare, all’appello c’erano tutti tranne quello che dovevo portare via. Come faceva a saperlo?

Molti scienziati affermano che gli animali siano in grado di leggere il linguaggio del nostro corpo, ma ciò non è sufficiente a spiegare il fenomeno, perché spesso noi siamo distanti. I cani ad esempio sanno perfettamente quando il padrone sta per tornare a casa. Uno degli esperimenti più incredibili proposti da Sheldrake riguarda proprio il monitoraggio del comportamento del cane attraverso alcune telecamere nascoste in casa per raccogliere dati sulla precognizione. Si sa che il cane riconosce il rumore dei passi o della macchina di un membro della famiglia quando sta per arrivare alla porta, ma è stato confermato che in molti casi percepisce il movimento della persona anche da chilometri di distanza. E non è una questione di orario, perché sono state fatte prove anche in diversi momenti della giornata. In base a questi risultati è stato dato per certo l’esistenza di una muta telepatia tra uomo e animale, un fatto talmente naturale che chi ha un animale non la mette mai in discussione. Quando affermiamo “sembra che capisca quello che sto dicendo” non è riguardo alle nostre parole, ma alle nostre intenzioni.
Eppure la telepatia non è un talento tanto assurdo. Molti uomini primitivi tra cui i boscimani del Kalahari, sapevano quando alcuni membri della tribù in viaggio per giorni sarebbero tornati. Anzi, osservando l’uomo europeo mentre usava il telegrafo per comunicare con il proprio centro operativo, erano convinti utilizzasse invece la telepatia e non uno strumento, esattamente come loro.

Il biologo Sheldrake ha dedicato molti anni alla ricerca sull’origine di questo enigmatico potere, studiando a fondo inizialmente la biologia, la chimica e la fisica delle piante. Si accorse nel tempo che la scienza era limitata e se poteva spiegare il come accadesse un particolare comportamento, non riusciva a spiegarne il perché. La ricerca era limitata ai campi morfogenetici, all’interno dei quali avviene lo sviluppo di un essere vivente. Sheldrake ha dunque dovuto ricercare un nuovo campo, definito da lui stesso “campo morfico” nel quale sarebbe racchiusa la memoria genetica, l’unica che potrebbe spiegare il perché di un comportamento animale, che noi chiamiamo semplicemente con il nome di “istinto”. Il campo morfico è tutto ciò che coinvolge l’animale, dal proprio corpo a ciò che si trova attorno a lui: il nido lontano migliaia di chilometri, il luogo in cui vengono deposte le uova, la casa per il cane e il gatto. Come se fosse un campo magnetico che permette di esserne attratti anche da molto lontano.
Ma se esiste il campo morfico perché allora solo alcuni cani che si perdono o che purtroppo vengono abbandonati trovano la strada di casa? Gli animali hanno una forte emotività e vengono facilmente presi dal panico, perdono l’orientamento distratti dalla fame e dal freddo. Sono in pochi ce la fanno. Il più famoso, perché da guinnes dei primati, è stato il cane Bobby che dall’India è tornato a casa nell’Oregon percorrendo 3000 km in circa un anno. Il parapsicologo J.B. Rhine del Duke University del North Carolina chiama questo fenomeno psi-trailing ovvero “seguire la pista psi” dove psi è il sesto senso, la dote che noi non abbiamo ancora sviluppato. Insieme a Sara Feather, anche lui raccolse una grande quantità di casi, approfondendo i più eclatanti.

Esiste un caso di un personaggio che conosciamo molto bene, il parapsicologo Uri Geller, famoso per riuscire a piegare i cucchiaini con la forza del pensiero. Viveva in Grecia e una delle sue passioni era quella di esplorare le grotte delle sue zone. Un giorno però insieme ad alcuni amici, decise di perlustrare una galleria molto pericolosa, all’interno della quale si persero, restando molto tempo senza cibo e quasi senza luce perché la torcia ormai si stava scaricando. Provato dagli stenti, affamato e allo stremo delle forze (sembra che i suoi compagni addirittura morissero), fu ritrovato dal suo cane Joker che stava a diversi chilometri di distanza. “Fu come se fosse stato evocato dalle mie preghiere” disse non appena vide la luce.
Naturalmente nonostante Joker fosse arrivato nella profondità del sottosuolo, sapeva bene la strada del ritorno. Ma come ha fatto a trovarlo? E’ possibile che la forza mentale allenata e superiore alla norma di Geller avesse involontariamente interferito con il pensiero del suo cane? Questo potrebbe significare che con un po’ di allenamento potremmo comunicare con i nostri animali?
Iris Hall ricorda ancora il comportamento anomalo della loro terrier molto legata al loro figlio arruolato in marina ma che faceva ritorno a casa ogni settimana. La cagnolina mezz’ora prima del ritorno del figlio si agitava al punto che la madre preparava caffè e merenda calda giusto in tempo per il suo arrivo. Accadde però che una sera del 25 maggio 1982 la cagnolina iniziò a tremare e piangere in modo esagerato al punto che Iris si preoccupò che si stesse ammalando. Dopo qualche ora arrivò al telegiornale la notizia che la nave Coventry, su cui era imbarcato il figlio, fu abbattuta risultando disperso tutto l’equipaggio. Il ragazzo non tornò mai più a casa e da quel giorno la terrier fu talmente triste che dopo qualche mese morì.

Anche i gatti reagirebbero con miagolii strani e malinconici come da diverse testimonianze. Lo svizzero Karl Pulfer raccontò del proprio gatto particolarmente affezionato al figlio Frank che lavorava come cuoco su una nave e che quando tornava a casa il gatto lo accoglieva con grande feste. I genitori si accorsero che un giorno Pulfer iniziò a miagolare in modo strano, andando nella camera di Frank, annusava ogni angolo, osservandolo attentamente. Solo dopo due giorni vennero informati che proprio in quel l’orario Frank era morto durante un viaggio in Thailandia a più di 10.000 km di distanza.

E chi non ha mai sentito parlare di Oscar “l’Oracolo della Provvidenza” in grado di prevedere le morti di un ospedale? La mascotte dell’ospizio di Providence era solito saltare sul letto e fare le fusa all’anziano che da lì a breve se ne sarebbe andato. Non sbagliava un colpo, la scelta era talmente precisa che le infermiere avvertivano per tempo i parenti, per poter venire a dare l’ultimo saluto. In questo caso sono state fatte molte ipotesi coinvolgendo fiuto, linguaggio del corpo, respiro individuati dal gatto. Magari invece la risposta è laddove la scienza non osa: e se Oscar riusciva a “vedere” quel tunnel di luce che si prepara per accogliere l’anima nell’aldilà? Dopotutto Oscar faceva le fusa, come se dicesse “Sii felice, il momento è arrivato! Ed è un bellissimo momento”. Piangono i quattro zampe legati ai loro padroni perché devono salutarli, ma Oscar, che non era legato emotivamente a nessuno, li salutava con un sorriso. Gli animali sanno quello che ci aspetta, perché loro lo vedono grazie ai loro poteri straordinari.