Eccoci al secondo appuntamento con “Storia di Devis: un cane unico, come tanti”, il progetto dell’OIPA e del dog trainer Simone Dalla Valle finalizzato a raccontare le vicende che purtroppo accomunano il destino di tanti cani e a mostrare come sia possibile dare loro una seconda possibilità.
Vi abbiamo raccontato i primi anni della vita di Devis, di come sia stato gestito male e trascurato da chi avrebbe dovuto occuparsene, fino a trasformarsi in un problema agli occhi della sua stessa famiglia.
Oggi vogliamo mostrarvi la conseguenza di tutto ciò: l’abbandono. L’abbandono non è infatti solo quello in autostrada che viene citato in prossimità dell’estate, ma è anche quello che avviene quotidianamente in canili e rifugi. Sono moltissimi i cani che ogni giorno passano dalla loro casa a un box, reclusi senza colpa che si trovano soli e in preda alla paura del nuovo contesto in cui sono stati catapultati.
La scelta della famiglia di Devis è stata quella di non seguire la rieducazione che lui avrebbe dovuto affrontare per tornare a essere un cane sereno e felicemente inserito nel tessuto sociale, quindi l’OIPA e Simone Dalla Valle hanno individuato la migliore struttura in cui trasferire Devis per potergli assicurare tutta l’attenzione che merita il percorso che dovrà affrontare.
Quello che vedrete nel video è la preparazione del box in modo da renderlo il più accogliente possibile per aiutarlo nella gestione del fortissimo stress a cui viene sottoposto il cane e il momento del distacco dalla precedente proprietaria. Questo è l’abbandono, quello di cui si parla, ma che difficilmente viene mostrato. Abbiamo scelto di presentarlo in tutta la sua crudeltà, affinchè sappiate esattamente contro cosa vogliamo combattere.

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Approfondimento al video a cura di Simone Dalla Valle
“Troppo spesso si sottovaluta quanto può essere impattante dal punto di vista psico-fisico l’abbandono in un canile. Non mi riferisco solo ai famigerati canili-lager, ma anche ai canili come quello in cui opera l’associazione Animal’s Angels Novi onlus in cui, grazie all’impegno dei responsabili, degli operatori e dei tanti volontari, i cani vivono all’interno di box puliti, sono seguiti dal punto di vista veterinario e hanno la possibilità di uscire quotidianamente dal box per fare almeno una passeggiata.
Il canile è un luogo che nulla ha a che fare con la natura del cane e, più in generale, con quella di nessun animale.
Il canile è un luogo sconosciuto, troppo freddo d’inverno e troppo caldo d’estate, rumoroso, caotico. Il canile impone spazi ravvicinati tra animali sociali, ma allo stesso tempo bisognosi di comunicare nel modo giusto con noi e i loro simili e questo, potete immaginarlo, è impensabile dietro a delle sbarre. Il box di ogni ospite, per quanto possa sembrare utopico, dovrebbe quindi essere il più possibile confortevole e rassicurante.
Per questo motivo ho chiesto alla ex-proprietaria di Devis di portare con sè le ciotole dell’acqua e della pappa e le copertine su cui era solito dormire il cane, così da fargliele trovare sulle due cucce che avrebbe avuto a disposizione.
Vicino ad una di esse ho appeso il guinzaglio di Devis e due pettorine ad H che vorrei fargli indossare quando sarà pronto, così che potesse cominciare a familiarizzare con loro anche dal punto di vista olfattivo. All’interno del box e nel giardinetto ho anche gettato delle carote (a detta della proprietaria, il cibo preferito di Devis) così da incentivare l’esplorazione olfattiva dello spazio in cui il cane trascorrerà le sue giornate fino al momento dell’adozione.
Dopo che la ex proprietaria ha definitivamente lasciato Devis, abbiamo deciso di lasciarlo da solo per qualche minuto visto che la nostra presenza avrebbe significato un ulteriore motivo di stress e disagio.
In questo lasso di tempo ho preparato la pappa di Devis e ne ho inserita una parte in un Kong, un gioco di gomma molto resistente all’interno del quale è possibile compattare del cibo che il cane può riuscire a mangiare solo dopo averlo fatto uscire attraverso diverse strategie. Per sicurezza ho lasciato la pappa in esubero nella ciotola. Purtroppo questo primo tentativo non ha avuto il risultato sperato perchè il giorno dopo il Kong risultava intatto, mentre la ciotola era stata completamente svuotata a dimostrazione che la mancata risoluzione del Kong non era dipesa da inappetenza, ma dalla mancata applicazione da parte di Devis. Questo può dipendere dal suo stato emotivo caratterizzato da paura, ansia e alti livelli di stress.
Tuttavia ho deciso di dare a Devis la possibilità di riprovare e continuare a riproporre questo gioco anche nei giorni successivi.
Mangiare attraverso il Kong, infatti, è un’alternativa alla ciotola che aiuta il cane a distrarsi da ciò che lo circonda, a tenerlo impegnato e a scaricare energie e stress attraverso attività motorie e cognitive che in un box sono chiaramente ridotte al minimo”.