di Isabella Dalla Vecchia, ricercatrice di miti e leggende

L’uomo fin da prima che utilizzasse scrittura e linguaggio per esprimersi, comunicava attraverso simboli disegnati, un’attività che risulta ancora oggi misteriosa, in quanto 60.000 anni fa, avrebbe inspiegabilmente iniziato a disegnare animali sulle pareti delle grotte che abitava. Da allora l’uomo che si è progressivamente evoluto, ha continuato a disegnare, dipingere, scolpire dando sfogo a una intelligente creatività che non poteva essere espressa in altro modo. E gli animali che rappresentava, di ogni tipo, non venivano raffigurati solo per la loro bellezza, ma anche perché la loro presenza raccontava qualcosa che non era comprensibile solo osservando la scena dipinta. Cani, gatti, cavalli, uccelli, ogni animale aveva un senso nella rappresentazione, a volte positivo altre, purtroppo, negativo.

Il simbolo del gatto

Quello del gatto è sempre stato un simbolo controverso, di sicuro l’Istituzione Ecclesiastica ha contribuito a confinarlo in un ruolo negativo, dato che lo perseguitava insieme a presunte streghe, ma molte volte gli avrebbe dato anche ruoli positivi.

Nelle ultime cene ad esempio, sotto Giuda compariva spesso un gatto, che indicava “inganno” da parte di chi gli stava vicino. Era insomma sufficiente osservare dove si trovasse un gatto per capire chi fosse Giuda!

Fertilità sacra

Eppure sempre nel mondo ecclesiastico il gatto appariva in momenti gioiosi legati alle nascite, come la venuta al mondo di Maria Vergine, assumendo così il simbolo di “fertilità sacra”. Un simbolo che il gatto si è portato appresso fin dall’antico paganesimo, dove veniva spesso affiancato a dee dell’amore e della fertilità, come la divinità nordica Freja, la dea indiana della nascita Shasti, o la più nota dea egizia della casa e della famiglia, Bastet. La stessa celebre statua della Dea dei Serpenti greca, della fertilità e della natura, avrebbe in testa un bel micio. Inoltre è spesso presente un gatto anche nelle scene dell’Annunciazione di Maria (sempre in relazione ad una nascita divina), addormentato o perfino spaventato alla vista dell’angelo, come se percepisse, grazie al suo sesto senso, notato fin dall’antichità, una creatura paranormale invisibile alla stessa Maria.

Alcune leggende ci raccontano che la Vergine amava i gatti, lasciando nel gatto europeo una M sulla fronte dopo averlo baciato. Amore e odio dunque: molti frati hanno amato e difeso quei preziosi gatti che tenevano lontani i topi dalle dispende e dai libri miniati, quelli grigi portati dalla Terrasanta e dunque sacri, venivano chiamati certosini, proprio perché abitavano le Certose!

Cane contro gatto

Contrapposto al cane, il gatto veniva dipinto spesso in accesi litigi che, anche se ci paiono come attività normali, in realtà nascondevano una metafora. Il cane era simbolo di fedeltà, mentre il gatto di inganno, sovente infatti, scene coniugali avevano il cane nella composizione, mentre se compariva un gatto significava che l’adulterio era in agguato. Eppure esiste un rovescio della medaglia: quando il cane fedele indossava un evidente guinzaglio, indicava prigionia, mentre il gatto suo antagonista, libertà.

Un ruolo che si è portato fin dalla notte dei tempi, perché il gatto al tempo dell’Impero Romano affiancava la dea della Libertà, in seguito malvisto dalla Chiesa che non accettava il libero arbitrio riguardo ai suoi dogmi.

Il gatto magico

Indispensabile la presenza del gatto nei quadri in cui operano alchimisti, in quanto era considerato un animale magico. Le scene apparentemente casalinghe in cui si vede un gatto accanto ad un focolare ad esempio, non rappresentano solo un micio che scalda il proprio pelo, ma indicano il meno noto “gatto del focolare”.

Questo particolare micio assorbendo l’energia del fuoco diviene magico e molto potente. Gli alchimisti erano gli scienziati del passato, cercavano il segreto della vita eterna, affinché l’uomo non si ammalasse e non invecchiasse mai. E nelle loro ricerche avevano spesso un gatto accanto per essere ispirati dalla sua presenza.

Gatti e aldilà

Solitamente era il cane l’animale guida nell’aldilà, eppure ci sono casi in cui è presente anche il gatto. Dopotutto è un animale notturno, in grado di vedere nel buio, associato da sempre alla luna perché gli occhi, cambiando dimensione, ricordando le fasi lunari. Se il cane guidava l’anima nell’aldilà, il gatto, grazie a questa potente vista, poteva vedere e segnalare pericoli e creature malvage. In molte culture, prima di arrivare alla luce l’anima deve prima oltrepassare la zona dell’onirico, buia e popolata da creature mostruose, che possiamo affrontare e superare solo grazie ai nostri animali. È chiaro che se non li rispetteremo in vita, loro non ci affiancheranno al varco della soglia. È suggestiva la “morte del giusto” di Hieronymus Bosch, in cui il defunto viene invitato da un gatto bianco a seguirlo verso una porta buia e ultraterrena.