di Roberto Marchesini

In Italia vivono 60 milioni di animali domestici, tra cui 7 milioni di cani e 7,5 milioni di gatti, all’incirca. Questa straordinaria diffusione di altre specie nelle nostre case sembrerebbe una rivoluzione culturale, ma non è affatto così, anzi.

La società occidentale si caratterizza attualmente per un arrogante e consolidato antropocentrismo che rende l’uomo convinto di bastare a sè stesso in un mondo che tratta con fastidio e intolleranza, mostrando ostilità nei confronti di tutto ciò che ritiene ostacolo alla propria auto-referenzialità. Così gli altri animali vengono banalizzati, trattati come esseri inferiori da disprezzare o, estremo opposto, da proteggere come fossero degli eterni neonati. Quasi mai viene dato loro il ruolo di interlocutori veri e propri, quasi mai viene loro riconosciuta una dignità di specie con caratteristiche diverse dalle nostre e che noi, che li obblighiamo a vivere nelle nostre case, dovremmo sforzarci di conoscere e capire.

Malauguratamente, è un arretramento culturale che ci fornisce un’idea distorta della nostra storia, come se l’evoluzione umana debba essere una lotta continua contro una natura ostile.

Ci siamo dimenticati dei contributi che le altre specie ci hanno dato e che hanno fatto di noi quello che siamo; gli altri animali non hanno più valore, se non strumentale e antropo-riferito. In particolare, neghiamo assolutamente il bisogno del bambino di relazionarsi con la biodiversità al fine di costruire alcune delle qualità più autentiche dell’essere umano.

 Animali e bambini

Fantasia, creatività e immaginazione sono risorse fondamentali per poter affrontare gli scacchi della vita e progettare un futuro per sè stessi.

La stimolazione, il potenziamento e lo sviluppo di tali risorse sono favoriti dalle relazioni con gli altri esseri viventi, poiché la biodiversità costituisce una sorta di grande catalogo di soluzioni possibili: davanti al bambino si dispiegano infinite forme, funzioni, adattamenti, strategie, colori, suoni, profumi che valgono per lui come suggerimenti di idee e possibilità applicative.

Osservando gli animali, il bambino capisce meglio il proprio corpo, ne riconosce i ritmi e le funzioni, lo accetta e ne accresce la consapevolezza; apprende come la relazione tra generi sia prima di tutto corteggiamento, ossia capacità di presentazione corretta, di incontro pacificato e di concertazione… quale migliore educazione sessuale?

Per il bambino, crescere avendo, per esempio, un cane al suo fianco è un’opportunità per sviluppare le competenze sociali d’incontro, affiliazione, collaborazione di gruppo, insegnamenti importanti per prevenire il fenomeno del bullismo e per favorire l’integrazione multiculturale.

Nei ragazzi, il rapporto con le altre specie favorisce la comprensione del valore della diversità, aiutando a limitare le tendenze neofobiche e xenofobiche. La convivenza con specie diverse fornisce una plusvalenza sia per la società che per l’individuo, che vivrà meglio la relazione con la complessità della società contemporanea.

Il rapporto con le altre specie rappresenta per il bambino un’opportunità formativa unica, ma troppo spesso ignorata o non considerata a sufficienza dagli adulti, che si preoccupano di mandare i propri figli ai corsi più disparati, ma non sono disposti a impegnarsi minimamente per favorire l’incontro con la natura. Questa scarsa considerazione del diverso-da-noi ha profonde radici culturali e ha visto un netto peggioramento nell’età contemporanea.

Il valore della relazione

Si rende quindi necessario riscoprire il valore della relazione con gli animali. Ciò significa andare oltre l’ambito dell’affettività, capire che cani e gatti non sono scaldini per i nostri problemi affettivi, non sono figli su cui far confluire i nostri bisogni genitoriali, non sono basi sicure per compensare le nostre carenze.

Questa società finge di amare gli animali, ma li maltratta gravemente non riconoscendo le loro peculiarità. È necessario mettere in discussione l’assurda pretesa di trasformare cani e i gatti in “pet”.

Certe carezze hanno un retrogusto di violenza che spesso non viene sufficientemente rimarcato. Certi messaggi che gli adulti passano ai bambini diventano mostruosamente fuorvianti, tra cui la malsana abitudine di regalare cuccioli in occasione del Natale.

Cuccioli sotto l’albero

Si tratta di una festa caratterizzata per antonomasia dallo scambio di doni, cioè di oggetti che servono a rallegrare il ricevente: far rientrare un essere vivente nella lista dei regali da chiedere e da fare significa strumentalizzarlo e reificarlo, inculcando l’idea che si tratti di un fantoccio privo di identità.

E, solitamente, i primi mesi dell’anno sono caratterizzati dall’abbandono di migliaia di questi regali di Natale viventi.

Evidentemente, l’approccio è scorretto. Se un bambino manifesta il desiderio di avere un cane o un gatto, il genitore ha il ruolo di capitale importanza di gestire tale desiderio. Nei confronti dei più piccoli, fino ai cinque anni di vita, il genitore deve essere consapevole che dovrà essere sempre presente durante le interazioni del piccolo con il suo nuovo amico, sia per vigilare sia per mediare: il bambino non conosce il modo corretto di relazionarsi con l’animale e deve essergli insegnato dall’adulto, che dovrebbe essersi a sua volta informato sui bisogni etologici della specie che ha deciso di portare in casa.

Il buon approccio è creare nel bambino l’aspettativa. Non si deve trasmettere l’idea del giocattolo visto in TV e comprato subito dopo, un cucciolo va presentato al bambino in maniera diversa da un pupazzo. Adottare un animale significa prepararsi all’accoglienza, proprio come a una nascita: si leggeranno libri insieme al bambino, si faranno passeggiate regolari come quelle che si faranno quando il cane sarà presente, si simuleranno attività di pulizia come quelle che si faranno quando il cucciolo sarà presente, attività a cui è educativo che il bambino più grandicello impari a partecipare: il bambino imparerà in tal modo che un animale significa responsabilità, significa fare una cosa anche quando non piace (pulire) o non si ha voglia (uscire in passeggiata), significa agire gratuitamente per il bene dell’altro e non soltanto per il proprio.

Ricordiamo che, mentre l’amore e il coinvolgimento sono sentimenti naturali e spontanei, il rispetto richiede conoscenze che il bambino non può possedere e che gli vanno insegnate.

Se si ritiene che le condizioni siano idonee e si decide di adottare il cucciolo, a questo punto il genitore dovrà trasmettere tutta una serie di messaggi e di prassi fondamentali sia per il bambino che per il benessere dell’animale. Il bambino infatti, preso dall’eccitazione, non si rende conto quando è il momento di lasciar riposare il suo nuovo amico, quando occorre rispettare la sua privacy – per esempio mentre mangia o, appunto, mentre riposa – quali siano le sue esigenze fondamentali in termini di acqua e di cibo, come educarlo e dargli delle abitudini corrette. Affrontando tutto questo con entusiasmo, consapevolezza e conoscenza, si può essere sicuri di regalare al bambino una delle più belle esperienze di vita. Ma è un regalo che deve essere fatto al momento giusto per tutta la famiglia, non a scadenza di calendario.